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Test di prova tenuta:
Quando, come, e soprattutto perché?

Quale che sia il processo produttivo, effettuare test e collaudi tra le varie fasi ed a fine linea riveste un ruolo decisivo per verificare la corretta costruzione ed esecuzione del prodotto, per garantire il livello di performance atteso e per far sì che tutte le caratteristiche del prodotto siano conformi agli standard richiesti.
Alcuni prodotti e componenti richiedono tra le altre cose la garanzia della tenuta ermetica relativamente ai fluidi che andranno a contenere; in altri casi viceversa può essere richiesta la tenuta nei confronti di fluidi che non devono penetrare nell’oggetto.

Per fare un esempio, una scatola del cambio deve garantire la perfetta tenuta contro le fuoriuscite d’olio, mentre al contrario la fanaleria deve garantire la tenuta contro le infiltrazioni d’acqua.

La garanzia della tenuta contro fuoriuscite e/o infiltrazioni accomuna una varietà pressoché sterminata di parti e componenti destinati ai più svariati settori ed applicazioni: dall’automotive al medicale, dall’elettronica all’oleodinamica e via dicendo.

Effettuare un test che possa garantire in modo uniforme ed oggettivo la tenuta dell’oggetto testato diventa determinante nel processo produttivo: è di fatto la base fondante dell’affidabilità di un prodotto, inteso sia come oggetto a sé stante sia come parte/componente di macchine ed attrezzature più complesse.

La correttezza, la ripetibilità e l’oggettivazione dei test di prova tenuta sono determinanti per poter immettere il prodotto sul mercato e/o nelle fasi produttive successive, soprattutto nel caso della produzione industriale in serie.

È evidente quindi come le modalità e le procedure di esecuzione del test di prova tenuta siano un punto estremamente critico, da gestire con la massima accuratezza e precisione.

Storicamente, la prova di tenuta ha vissuto importanti step evolutivi: le prime (quasi “primitive”) prove di tenuta si effettuavano immergendo il pezzo in acqua e verificando la presenza di bolle dopo aver insufflato aria, o viceversa verificando la presenza di acqua all’interno del pezzo (nel caso di test contro le infiltrazioni).

L’efficacia di questo metodo di prova è indubbia – ed ancora oggi viene utilizzata per le produzioni più tipicamente artigianali ed in casi molto particolari – ma presenta alcuni limiti:

  • Anzitutto, questo genere di prova di tenuta è solo qualitativo (rileva un’eventuale perdita/infiltrazione, ma non riesce a misurarla);
  • Soprattutto, questo test non dà riscontri oggettivi: l’esito del test è lasciato all’osservazione e valutazione dell’Operatore che lo effettua, ed è quindi suscettibile di errori e/o scarsa attenzione/accuratezza, in quanto il suo livello di attenzione può variare nel corso della giornata lavorativa;
  • Oltre a ciò, questa metodologia non può essere applicata a quegli oggetti che non possono entrare a contatto con i liquidi, ed in generale richiede un tempo di asciugatura che potrebbe rivelarsi eccessivo per le esigenze di produttività.

Lo sviluppo tecnologico ha consentito la realizzazione di strumenti che effettuano test di prova di tenuta ad aria compressa, che oltre ad eliminare la soggettività degli esiti, presentano numerosi vantaggi:

  • Rendono possibile misurare con precisione l’eventuale perdita/infiltrazione: questo consente di poter fissare delle soglie di accettabilità, di rifiuto e di recuperabilità dell’oggetto testato;
  • Permettono di gestire in modo analitico gli esiti, creando un archivio storico utile ad individuare difettosità ricorrenti;
  • Azzerano i tempi di asciugatura, con impatto positivo sui tempi di completamento del test.

L’utilizzo degli strumenti di prova tenuta permette quindi di migliorare l’accuratezza dei test,
riducendo scarti e difettosità di prodotto,
con conseguenze positive sui tempi ed i costi dell’intero processo produttivo.

Desideri una consulenza personalizzata? Siamo a tua disposizione!

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